Ero ancora parzialmente fuori uso quando siamo andati a mangiare al ristorante messicano. La seconda cena etnica, sempre pagata dall’Associazione “Antigua chiama Italia”, era il prosieguo di quella di ieri.
Non ho parlato delle persone. Undici persone, cinque copie e la rappresentante dell’Associazione, simpatica, occhialuta, ma un po’ restia ad aprirsi. Due copie classiche, insipide, niente di che. Una copia gay, lui che lavora al Dolce e Gabbana di via Montenapoleone, l’altro che è un assicuratore (o qualcosa del genere). Non mi sembravano molto affiatati. Di certo molto donisssssssssssssssime. Infine la copia che avevo scambiato per figlio e madre (sentendomi meno solo in questo gruppo). Niente di più sbagliato. Marito e moglie. Lui non più di 45 anni, lei, vecchiarda, ops, ageé di 70 anni. Lui uno scassamaroni che ha parlato per tutta la serata (e quella prima), factotum di una non meglio specificata multinazionale e lei proprietaria di un negozio nella Torino bene. Tutti facevano a gara a raccontare i propri viaggi. Sono stato in VIetnam, alle Maldive, a Varadero, a Cancun, la Miami del Messico. Dio mio li avrei stesi tutti. Mater è intervenuta anche lei con il racconto delle Seychelles…
La cena mi è piaciuta, le porzioni ancora stitiche ma lievemente più abbondanti del caraibico. Mater non ha mangiato quasi niente. Tutto troppo piccante.
Oggi la sveglia è stata abbondantemente oltre le 7 e 30. Mater era sprofondata nella catalessi più totale.
Per la colazione abbiamo dovuto lottare con le più agguerrite copie di inglesi che passavano come delle cavallette lasciando il buffet desolatamente vuoto.
Dopo aver recuperato qualche succo e dei muffin, metà dei quali depredati dagli uccellini, la solita mezz’ora a guardare FB nel centro del patio della hall unico punto dove funziona il wifi.
Sono scappato però quasi subito e questa volta, cartina alla mano, ho puntato verso la costa sudorientale. L’idea era di scalare il mount Obama, ma ovviamente non abbiamo trovato nessuna indicazione così ci siamo fiondati all’interno della foresta pluviale, un posto incantevole, verdissimo, con rilievi modesti che davano una parvenza di montagna. Mi sono fermato presso una specie di agriturismo da dove partivano dei sentieri in mezzo alla giungla. Siamo stati poco perché il tragitto era breve ma sarei rimasto per il resto dei miei giorni. Ero letteralmente incantato dai profumi, dallo stridore degli uccelli, dalle foglie gigantesche. Ero completamente inebriato. A Mater veniva già l’orticaria… Ma giuro sarei rimasto per tutto il giorno. La wild nature era maestosa, ne ero completamente sopraffatto…
Poco dopo le tredici, sono tornato indietro, fermandomi presso tutte le insenature e baiette, una più bella dell’altra. Ancora quasi con un aspetto selvaggio anche se la speculazione edilizia si sta espandendo dappertutto.
Mi sono lasciato andare nel turchese del mare, ho fatto il bagno in ciascuna delle calette. E’ stata una processione lenta e faticosa. Infatti Mater ha iniziato a sbuffare neanche fosse stata una locomotiva a vapore.
E raggiunta la beatitudine, ormai era sera. Sono rientrato al villagio per la gioia di Mater che ha iniziato a ciacolare con alcune copie incontrate ieri…