Alla sera, dopo lo spettacolo del carnevale caraibico, mi sono finalmente rilassato con la musica soft rock sparata dagli altoparlanti direttamente sulla spiaggia.

Mater è collassata poco dopo la cena. Si è ripresa dallo stato letargico soltanto in mattinata.

Oggi la parte sud dell’isola. Appena immessi sulla strada, il traffico cittadino, pari a quello di una megalopoli africana, mi ha stretto in un lungo e serrato abbraccio. Guidare ad Antigua è particolarmente faticoso. Strade strette e bombardate con voragini; auto letteralmente parcheggiate al centro della carreggiata, kamikaze che nelle curve cieche te li trovi davanti e ti schivano all’ultimo secondo, caprette che decidono di suicidarsi non appena riparti convinto che abbiano attraversato la strada invece tornano indietro e ti lasciano qualche stronzetto ovoidale. Tu ovviamente inchiodi e loro ti guardano, belano e alzano la coda in segno di sfida.

Non parliamo di quei quattro semafori nel cui tempo rosso puoi tranquillamente ascoltare tutto il cd dei Pink Floyd, assoli compresi.

Però oggi non mi sono perso, per nulla, anzi ero perfettamente padrone delle rotonde, dei divieti, delle traverse. E dopo aver memorizzato la cartina google centimetro per centimetro, sono riuscito ad arrivare indenne all’English Harbour. Località turistica, acchiappa soldi americani. Mater mi ha fatto vedere tutte le bancarelle di vendita di paccottiglia antiguana. Una venditrice tra l’altro, come al solito, mi ha chiamato lo “sposo” rivolgendosi a Mater. Non so che cosa mi abbia trattenuto dal non assestarle un calcione nel didietro e spedirla direttamente al porto.

Il resto della mattina a mollo in una placida e soporifera baia, turchesissima, il cui fascino mi stregava e mi ammaliava. Non ho fatto in tempo ad appoggiare le borse che ero già in acqua. Stupenderrimo il lieve sciabordio delle onde e lo sprofondamento nella sabbia. Placido mi sono lasciato cullare, incurante del sole rovente che mi abbrustoliva le meningi.

Nel primo pomeriggio una salita fino alle Sherley’s Heigts, le alture dove il Nelson e compagni cercavano di difendere l’isola di Antigua. Al museo c’era pure un filmatino animato con dei cartonati che si muovevano. Una cagata pazzesca, un raccontino peggio di un bambino delle elementari. Mi chiedevo come avessi potuto pagare per questa cosa. Ma almeno il panorama spaziava per metà isola, trapuntata da non so quante migliaia di resort.

Peccato, questa isola perderà la propria identità in pochissimi anni.

Ormai a pomeriggio inoltrato, ho imboccato la strada principale per rientrare. Questa volta easy, quasi aggressivo nella giungla di automobilisti indisciplinati dove vince sempre il più prepotente. E così ho sorpassato anch’io, non ho lasciato spazio alle macchine che procedevano in direzione opposta. Un perfetto antiguano driver. Manca poco… e vediamo chi comanda su questa isola!