Per i turni di Aprile, mi sono ritrovato con due notti libere, un turno di notte a Cantù e altre tre notti di nuovo libere. Ho chiesto al Capo di spostarmi quella di Cantù in altra data così alla fine avrei avuto cinque giorni liberi. Mater aveva espresso il desiderio di visitare a Medugorie da diversi anni così, anziché andare a Maggio, dove avrò altri giorni liberi, ho pensato di sfruttare questa occasione. Anche perché il clima era più adatto a Jake, almeno non avrebbe patito il caldo.

Il viaggio di andata è stato lunghissimo ma me lo sono tolto via come se dovessi estirpare un dente. 10 ore di viaggio, 4 di soste varie, di cui un paio nella città di Spalato. Non era la prima volta che passavo da queste parti. Credo di aver già fatto questa tratta durante il rientro del mio primo viaggio nel 1987 in Grecia.

Una sosta poco dopo Verona, una a Trieste, un’altra a Fiume, una poco prima di Zara e poi alle 8 un paio di ore a Split. Tutta autostrada, tranne per un pezzettino di statale all’interno della Slovenia. Non mi sono perso, faceva un freddo incredibile, la temperatura si attestava attorno ai zero gradi. Traffico inesistente, guida un po’ problematica per le numerose salite e discese con curve importanti nella parte alta della Croatia, poi guida fluida come se si dovesse scivolare su un panetto di burro fino a Spalato.

La città di Split si stava svegliando, tutti malmostosi. Soprattutto quella signora all’interno della cattedrale, che alla vista di Jake, si precipita fuori dal portone e mi dice che i gatti non possono entrare. E per niente contenta, si riprecipita di nuovo fuori una seconda volta, per dirmi in inglese, che nemmeno il piazzale era un posto idoneo per un gatto. Al che io le ho gridato: You should be cristhian, perhaps e le ho cacciato la lingua di fuori. Credo che anche Jake abbia alzato il dito medio della zampa sinistra.

Malmostosa e antipaticissima anche la signora della bakery vicino alla piazza. Briosche con all’interno un contenuto lievemente acidulo come il suo carattere e il cappuccino, con una goccia microscopica di latte, era il peggiore di tutti i Balcani. Non ha voluto nemmeno che ci sedessimo sulle sedie di fuori perché non disponibili per la sola “backery”. Altra linguacciataccia di fuori. Il centro di Spalato è carino, una Venezia in piccolo, con una specie di piazza di San Marco, contornata dai palazzi del complesso diocleziano. C’era qualcuno che aveva steso i panni di fuori. Sconvolto.

Riprendiamo la strada verso sud. Inaspettatamente troviamo un cartello per Medugorie nonostante il navigatore mi facesse proseguire ancora per altri 30 km. In realtà la strada indicata correva per le alture sopra il confine con la Bosnia. Insomma abbiamo fatto un po’ di camel trophy non cercata. Ma fa niente. E tra i boschi, improvvisamente il confine. Venti minuti fermi di attesa per i due veicoli davanti a noi. Ma dundio, la Bosnia è Europa, vedete?, nella vostra bandiera compaiono le stelle, proprio in omaggio all’Europa. Niente. Non sapevo se iniziare una partita a Sudoku o recitare il rosario che usciva da tutte le stazioni radio… Passiamo con fatica il confine e ci ritroviamo catapultati nel primo novecento. Stradine precarie, muretti sgretolati, case un po’ fatiscenti, orribili capannoni, tipici della Brianza… Insomma, ma si aveva una bellissima veduta delle montagne innevate del Montenegro e della Serbia. E c’era un fracco di neve, proprio tanta…

Arriviamo a Medugorie, alle undici proprio per la messa domenicale. Lascio Mater davanti all’ingresso del piazzale, assicurandomi che l’avrei ripresa davanti la chiesa e intanto ho cercato di districarmi nel traffico di tutta la Bosnia concentratosi proprio in quel punto. I poliziotti mi sventolavano le palette, i clacson continuavano a starnazzare in tutte le direzioni. Ho trovato parcheggio a circa un chilometro e mezzo.

Il recupero di Mater è stato più difficoltoso del previsto. Ho lasciato che finisse la messa. Le indicazioni che le avevo dato erano precise. Mi veniva l’ansia perché non la trovavo. Davanti, dietro, ai lati della chiesa. Zero alla quota. Mater sembra essersi dissolta. Ormai la bolgia si era dissipata. La chiamo, le mando messaggi whatsapp. Vicino ai due campanili, all’ingresso principale. Cosa ci voleva seguire queste indicazioni? Alla fine, dopo un’ora e mezza, la trovo, sì davanti la chiesa, ma dall’altra parte della strada quasi all’ingresso di un negozio. Dundio, le imprecazioni che ho dovuto trattenere perché non consone in quel luogo ma ero proprio arrabbiato.

Di Medugorie non voglio dire niente per rispetto delle migliaia di persone che vengono qui… ma soprattutto per non essere blasfemo.

Nel pomeriggio saliamo la collina delle apparizioni. No io non salgo, non lo farò mai, aveva detto Mater nei due giorni precedenti. Poi quando era lì, è partita e si è arrampicata, neanche una guida del Soccorso Alpino. Ovviamente io ero il mulo, non lei. Zaino con annesso Jake, la borsa di Mater, il suo giubbotto e la macchina fotografica. Uno sherpa, che ad ogni passo rischiava di ruzzolare giù dalla collina. Mater si accodava dietro a chiunque, e chiedeva che qualcuno le desse notizie sul Medugorie, vista l’ignoranza del sottoscritto…