Esercizio di scrittura creativa: il mio nome

“Carletto, dovrà chiamarsi Carletto!”
La voce sbiascicata di mio padre cercava di sovrapporsi a quella di mia madre che insisteva nel chiamarmi con un altro nome.
Doveva essere ubriaco, e quando dico “ubriaco”, lo era per davvero. Non voleva sapere ragioni. Per lui era quello il nome che avrei dovuto portare per tutta la vita.
“In onore alla nonna!”, sua ovviamente, non mia.
Carlotta rievocava in me un qualcosa di stantio, un mondo antico di casolari, dove nel caminetto è accesa la legna.
La nonna di mio padre mi rimandava indietro nel tempo, quando gli austriaci retrocedevano, ogni giorno più sconfitti, dall’avanzata della Repubblica Cisalpina.
Certo, a me, in quel preciso istante, il nome non evocava proprio un bel niente.
E probabilmente neanche a mio padre, che difendeva a spada tratta la memoria di sua nonna.
Aveva bevuto quel goccio in più, quasi sicuramente. Mia madre invece gridava con voce stridula, in preda ad una crisi isterica. Nessuno riusciva a sentire le ragioni dell’altro.
“Ma lo prenderanno sempre in giro, è un diminutivo! Si merita un nome normale”
Questo quanto mia madre continuava ad urlare…
E la storia si era ripetuta per gli altri fratelli.
Evidentemente mio padre non era mai riuscito ad imporsi su di lei. Quando fu il mio turno, dopo un giuseppe, un franco e una maria, complice la confusione del barolo, o del chianti, forse perché mia madre si sentì tutt’ad un tratto stanca da quel litigio che si protraeva da più di un lustro, si lasciò andare sulla sedia mormorando: “…e sia, si chiamerà Carletto!”
A mio padre sparì completamente l’effetto dell’alcool e si sentì completamente lucido. Non riuscì però a realizzare che quel nome era ridicolo e che, in qualche modo, avrebbe, per sempre, segnato l’esistenza del quartogenito.
Anzi, pensò che fosse un nome perfetto, che si sarebbe adattato in modo congruo al nascituro.
Si dispiacque un po’ che non avesse lui stesso il nome Carletto. Avrebbe potuto vantarsi in giro per le osterie e i locali di dubbia reputazione. Ma la memoria della nonna era salva, poteva trasmettere alla progenie un tassello in più che avrebbe caratterizzato in maniera indelebile la famiglia.
A quel punto si commosse così tanto che sentì impellente il desiderio di uscire e di brindare al mio nuovo nome.


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