Infrangere il silenzio

Ci ha sempre legati il silenzio. Da oltre dieci anni, non ricordo con precisione, almeno non ora, in questa sera in cui la mente è offuscata e annebbiata da mille pensieri. Il silenzio e le cose non dette ci hanno tenuti uniti. Ti ho amato senza una parola. Ci capivamo perfettamente solo con gli sguardi, con un cenno di intesa, quando ti sedevo vicino e chiudevo gli occhi. Notti intere quando, girando lo guardo, eri vicino a me. Li richiudevo, gli occhi, fidandomi di te, fiducioso che non saresti evaporato. Allargavo le narici per snasare il tuo odore, respiravo la fragranza di qualche profumo, fremevo quando le nostre mani si sfioravano.

Ti ho portato con me nel pensiero tra la Mediolanensis Universitas e la Pavia del San Matteo, durante gli scazzi e le furiose liti con chi mi voleva bloccare la libertà. Eri nei miei pensieri negli affanni per trovare equilibri persi. Ho seguito le tue orme fin sù in Norvegia, anche se non lo hai mai saputo. Ti ho pensato immensamente a Rostok in Pomerania. In queste occasioni ti ho scritto mille poesie.
Sempre così per dieci lunghi anni.

Ma adesso, è tutto cambiato. Si è rotto il silenzio con quel messaggio ricevuto sul telefono settimana scorsa mentre andavo ab agris Senae Provinciae. La mia felicità era colma di gioia: non sapevo come dirtelo se non con un emoticons stupido, per altro frainteso. Dovevo arginare la valanga di sentimenti che mi avrebbe sommerso.
Ho respirato a lungo, ho guardato a Nord dove saresti stato tu, lungo un’ipotetica linea retta e ho aspettato. Ho camminato. Ho ripensato al silenzio, alla nostra perfetta sintonia che nessuno avrebbe mai potuto distruggere.

Ero in ansia, non temevo te e la tua vicinanza, ma quell’apertura visibile, squarciata oltre la quale mi spronavi a varcare.

Non volevo farlo ma era un punto di non ritorno. E non potevo certo tirarmi indietro.

Felice, felice, immensamente felice ma timoroso. Mi facevi entrare nella tua vita deliberatamente, sonoramente, con parole non più sussurrate, ma coraggiose, tronfie di conquista e di quel sentimento incontenibile che sbracava come l’acqua da un bicchiere ricolmo.

Ho osservato, ho ascoltato, ho misurato i centimetri tra me e te. Ero abbagliato da quella profonda normalità che ti rendeva ancor più simile a me. Perlomeno, prima, col silenzio avevamo qualcosa di nostro da tenerci stretto nel cuore e sapevamo che eravamo due identità lontanissime ma legate dal sentimento benevolo dell’amore.

Ora, mi stupivo quante cose stessi provando che avevo provato anch’io.

In ordine sparso.

Camden town, da lì è partita la mia vita, quella nuova, quella immersa nel futuro. Le mie radici sono ancora embricate su quel ponticello. Sì proprio Camden Town.

Madrid: amavo allo spasimo quella città. Vere le tue parole, condividevo ogni singola parola perché ne ero convinto.

Nuova Zelanda e la notte incofessabile ma tangibile, marchiata sulla pelle, ad Aitutaki.

Los Angeles. La California e tutta quella girandola di emozioni provata nei parchi, lungo un persorso circolare salendo su a Mendocino, San Francisco, e poi sempre più su verso Seattle, Portland, Vancouver, Jeaneau, Banff, Calgary, Montana, Paris – Idaho, non Texas.

Amsterdam, con la Frisia e Rotterdarm.

Karpathos.

Bruxelles dove mi ero perso nei confini del pentagono di strade che delimitano il centro.

E il Perù. Va bene io avevo sbagliato tutto ed ero arrivato a Montevideo ma sapevo che sarei dovuto arrivare a Cabo Blanco.

Capisci?

E poi mi ha parlato della Thailandia, di Chang Mai. E non ho potuto non ricordare la mia pazzia tra i colpi di stato, di testa, e le overdose eroinomane di F.

Distanti ma assolutamente in sintonia, in vibrazione come diapason che suona il la.

Sapevo di amarti, come quelle persone che ho amato, prima fra tutte M. di Roma nell’83, L. di Camden nel ’98, e purtroppo S. delle Marche (per le nefaste conseguenze che sarebbero arrivate nel tempo).

Guardavo le luci al led, non mi sono fermato davanti a quel dagherrotipo appeso in stanza. Mi avrebbe fatto male se mi fossi fermato ad osservarlo. Ormai il silenzio è rotto: avrò tutto il tempo per guardarlo…

Ti ho regalato un piantina, grassa come la mia pinguedine, ma minuscola, quasi invisibile. Ecco la preziosità di un piccolo oggetto compresso in pochi centimetri.

E quando hai accostato le guance alle mie labbra, ti ho baciato, convinto di dirti che ero lì presente accanto a te e che avrei continuato col mio silenzio. Con profondo amore.

Devlins – Waiting

Waiting at the station, waiting for the right moves
Waiting in the basement, waiting for the right cues
Waiting in a daydream, waiting in the slipstream
Waiting
Waiting in the right bars, waiting in the right shoes
Waiting in a fast car, waiting in the airports
Waiting for my air-miles, waiting in slow motion
Coming through the turnstile
And if you ever change you mind
You know I’m not hard to find
And if you ever need someone
I’ll still be waiting
Waiting with the orphans, waiting for the bee stings
They tell me that success brings, waiting in the half-light
Waiting through your whole life, waiting for an ideal, a low deal, a no deal
Play your stereotype, oh yeah
And if you ever find the time
You know I’m not far behind
And if you ever need someone
I’ll still be waiting
Just waiting, for a friend
Waiting
I said, “It’s alright”
It’s alright, my friend
Yeah, it’s alright
Just waiting

In attesa alla stazione.
Aspettando le mosse giuste.
Attesa nel seminterrato.
Aspettando gli spunti giusti.
In attesa di un sogno ad occhi aperti.
Attesa in questa scia.
Waiting …
Attesa nei bar giusti.
Aspettando le scarpe giuste.
In attesa di una macchina veloce.
In attesa negli aeroporti,
aspettando i miei miglia aeree.
Attesa al rallentatore,
proveniente attraverso i tornelli …
E se mai cambiare vi occupate di,
tu sai che non sono difficili da trovare.
E se mai hai bisogno di qualcuno,
Sarò ancora aspettando …
Aspettando con gli orfani.
Attesa per le punture di api,
mi dicono che il successo porta con sé.
Attesa in penombra.
Aspettando attraverso tutta la tua vita.
In attesa di un ideale, un basso affare, un affare no.
Gioca il tuo stereotipo, oh yeah …
E se mai trovare il tempo,
tu sai che non sono molto indietro.
E se mai hai bisogno di qualcuno,
Sarò ancora aspettando …
Proprio in attesa, per un amico.
Waiting …
Ho detto che vada bene!
Va tutto bene, amico mio …
Sì va bene!
Solo in attesa.


Waiting at the station.Waiting for the right moves.Waiting in the basement.Waiting for the right cues.Waiting in a daydream.Waiting in this slipstream.Waiting…Waiting in the right bars.Waiting in the right shoes.Waiting in a fast car.Waiting in the airports,Waiting for my air-miles.Waiting in slow motion,Coming through the turnstiles…And if you ever change you mind,You know I’m not hard to find.And if you ever need someone,I’ll still be waiting…Waiting with the orphans.Waiting for the bee stings,They tell me that success brings.Waiting in the half-light.Waiting through your whole life.Waiting for an ideal, a low deal, a no deal.Play your stereotype, oh yeah…And if you ever find the time,You know I’m not far behind.And if you ever need someone,I’ll still be waiting…Just waiting, for a friend.Waiting…I said it’s alright!It’s alright, my friend…Yeah it’s alright!Just waiting…

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