Finalmente le vacanze sono arrivate. Lo so: sono stato al Nord per ben due volte, ho camminato per i sentieri di Capri. Quali altre vacanze vuoi di più? Avete ragione. Ma io sono fatto così.

Creta non l’ho mai considerata, non è mai stata una delle isole che avrei voluto visitare. Con questa storia del Covid e con il fatto che tutte le altre destinazioni erano praticamente off-limits, ho deciso per questa isola. Non che mi ispirasse: troppo grande, tanti centri abitati, turistica fino all’inverosimile. L’ho scelta come un compromesso perché anche mia madre potesse godere delle ferie in una località facile e non difficile come le ultime, in primis La Reunion…

Siamo partiti alle 6 in punto. Malpensa era deserta. Il Duty Free Shop era addirittura chiuso, così i bar. Non si sentiva nemmeno l’odore delle brioche calde. Il check-in è stato un “self” check-in . Nessuno a prenderti i documenti. C’era un lettore che leggeva il codice della carta di imbarco, mettevi le valigie sul nastro, attaccavi l’etichetta, et voilà. Nessuno con cui dialogare, arrabbiarti, sentirti dire “Buon Viaggio”.

L’aereo era vuoto. Solo 40 passeggeri. Io felice di non dover sgomitare con orde di vacanzieri e bambini vocianti. Alle 6 l’Airbus dell’Easy Jet parte dalla prima pista ma da nord. Mi era capitato soltanto un’altra volta. Ero sorpreso. Partire da Malpensa vuol dire puntare il muso verso il Lago Maggiore per poi virare a destra o a sinistra. Invece, questa volta, l’aereo era già diretto verso sud. Era buio ma presto il sole avrebbe infiammato il cielo e avrebbe illuminato d’azzurro tutto il resto.

Sono crollato dal sonno poco dopo Bergamo per poi svegliarmi sopra Durazzo. Non chiedetemi -non ci sono mai stato- ma sapevo perfettamente dove mi trovassi. Abbiamo percorso la Macedonia, l’Attica, per lasciarci indietro quelle briciole di isole bellissime. Heraklion era davanti a noi, riconoscibilissima; una grande macchia bianca, nel mezzo di una conca.

In dieci minuti, letteralmente, abbiamo avuto le valigie e l’auto, bella, nuova, una wolksvagen di 9.000 km, ma tutta ammaccata. Altro che le auto perfette dei paesi scandinavi! Mai così stati veloci. I controlli praticamente inesistenti. Ti chiedevano il Green Pass appena scesi dalla scaletta, mentre ti dirigevi al terminal. Sembrava una contrattazione porno, della serie: mi fai vedere il tuo GP e io ti faccio vedere il mio…

Ma potevi fargli vedere il QR code del menu del Birrificio che sarebbe andato bene. Nessun controllo, nessuna reale barriera. Mah! Meglio così. Alle 10 (ore 9 italiane) eravamo in albergo. Abbiamo subito usufruito dell’”all inclusive”, fiondandoci direttamente al bar della piscina. Un succo d’arancia e dei biscotti. Colazione perfetta in riva al mare.

Peccato per tutta quella morgue distesa sui lettini che contornava la piscina. Vecchiardi con prominenti pance in bella vista così come la varici varicose. E via di birra, in apnea sotto il sole.

Ok, io non posso tanto parlare, ma almeno ho la decenza di non mostrare i miei eccessi. Il dottor Nowzaradan avrebbe iniziato la sua terapia. Sono scappato subito.

Sono andato ad Heraklion. Via il dente, via la città più brutta, caotica, con un traffico quasi peggio di quello di Como, con stradine strette come budelli. Pensavo di non riuscirmi a districare, invece ho mostrato una gran abilità di pilota provetto.

Mater si è subito ringalluzzita nella via principale, dove i negozi di souvenir e oreficerie abbondavano. C’era caldo ma il vento da nord mitigava la calura e rinfrescava tutto. Ho resistito due ore in centro, poi dovevo immergermi nel mare, lavarmi, mondarmi.

Subito in spiaggia, appena tornato in albergo e a mollo il più lontano possibile dal rumore e dal casino dei vacanzieri sotto l’ombrellone.