Il viaggio con l’Airbus A319 è stato veloce, tranquillo. La luce del tramonto ci ha accompagnato per tutta l’ora di volo. Una virata sull’Oresund ed eccoci a Copenaghen. Aeroporto sostanzialmente chiuso, silenzioso. Peccato non potessi prendere l’auto. Ma sì può? Non riuscire a noleggiare l’auto perché gli uffici della renter chiudono alle 22? sicuramente perderò i soldi del primo albergo. Apro Booking com e trovo una sistemazione di fortuna vicino a Kastrup. Il tassista mi porta, parte sgommando. Ha pochi lineamenti danesi ma in meno di 10 minuti e quasi 200 corone mi scodella davanti a questo albergo. Una struttura gigantesca di vetro e cemento. Proprio il tipo di albergo nel quale non avrei voluto soggiornare ma per 60 euri me lo facevo andare bene altrimenti avrei dormito accanto alla sirenetta.
Il check-in è automatico. Devi compilare il modulo davanti a uno schermo. Esito sulla scelta del sesso. Non che non fossi sicuro di quello mio, ma c’era un’ulteriore opzione tra maschio e femmina e mi chiedevo quale fosse. Ovviamente si interrompe la sessione. Devo rimettere dentro tutti i dati. Mi maledico. Al settimo piano, la stanza sembra quella di uno studentato. Due metri per quattro, con due letti a castello e il bagno minuscolo tutto plasticoso. Ci devo dormire soltanto una notte. Chi se ne frega.
Faccio un salto al Mc Donald’s del centro commerciale poco più avanti, con tutte le serrande dei negozi abbassate. Buio pesto. L’unica cosa illuminata a giorno il fast food. Sembrava una scena spettrale.
Ieri mattina, per andare a Kastrup, prendo il treno. Sono due fermate dall’albergo (tipo Grandate, Camerlata). Non trovo macchinette per il biglietto. Giuro… GIURO, lo so che non mi credete, ma davvero non mi interessava pagare le 24 corone di biglietto. Non faccio tempo a salire che mi becco la bigliettaia, la quale mi fa scendere alla fermata successiva, chiedendo di regolarizzare il titolo di viaggio. Come in Italia… almeno non mi ha dato la multa.
Ritiro l’auto dal Rasmus, questo sì il classico danese che ti aspetteresti. Mi vuole dare un’Audi al posto della Citroen. Per l’amor del cielo, se la tenga l’Audi, che mi va benissimo la Citroen. In poco tempo sfreccio per le strade danesi. Periferia sud di Copenaghen. È tutto secco, gli alberi si vede sono in sofferenza, nonostante i prati verdissimi. In poco tempo esco dall’autostrada e mi infilo nelle viuzze della campagna della Selandia. È tutto un susseguirsi di prati verdi e gialli. E tanti alberi, boschi interi, con chiome folte. Se lo sapesse l’agronomo di Como, chissà che ranzata darebbe.
Prima sosta al Castello, non chiedetemi il nome, potrei slogarmi la mandibola. Un posto idilliaco, i pratoni a perdita d’occhio, le paperelle, le oche, i cigni. Un setting di un cartone della Walt Disney. Mi perdo e ammiro le fronde verdissime degli alberi e quel cielo che più azzurro di così non si può.
Cammino lentamente. Faccio un fracco di foto. Dopo un’ora mi porto alle scogliere Stevns, che sinceramente… oddio, scogliere, mi aspettavo chissà cosa: sono solo un tratto piccolissimo e neanche alte. Avevo ben altro in mente alla parola di scogliere. Però era Patrimonio Unesco pertanto non potevo che ammirarle. Mi disturbava forse che il secco fosse ancor più evidente.
Riparto a rotta di collo, perdendomi nei campi gialli e arrivo alla Forest Tower, un cilindrone alto 70 metri in mezzo alla foresta, a forma di clessidra, dentro cui si snoda una spirale che ti porta in cima. Una figata incredibile. Inizi lentamente e sali percorrendo questa passerella circolare e arrivi in alto, oltre gli alberi nel cielo aperto e ti vedi tutta la Selandia. Higher than Denmark. Più alto della Danimarca, che era lì sotto ai tuoi piedi. Il cielo azzurro, il verde delle chiome degli alberi che potevi toccare allungando la mano. Davvero una figata. Temevo di dover chiamare il 112 e farmi venire a prendere col Dae, invece, sono riuscito a sopravvivere.
Riparto verso sud. Mi limito soltanto a una sosta al supermercato di Ronne e mi porto all’albergo sull’isola di Mon, proprio sotto la Selandia. Alle 17 arrivo al appartamento. Quartiere in mezzo alla campagna, casettina bassa. Entro nella casa dopo aver messo il codice nella pulsantiera, mi sembrava di essere un ladro. Entro e scopro che è la casa di una tipa. Mi sento a disagio. Sbaglio stanza, la apro e vedo lei con la chioma bionda che dorme, almeno credo. Richiudo la porta. Angoscia. Lascio la valigia nella mia stanza. Il bagno è in comune.
Scappo immediatamente fuori perché mi sembra di essere chissà dove. Faccio una lunga passeggiata fino al mare. Non posso raggiungere la spiaggia sassosa perché ovunque ci sono questi cartelli gialli che vietano l’accesso. Ero costernato. Sono circondato dal mare e non posso godermi il tramonto? Mi convinco di essere caduto in un posto assurdo.