Ieri, preso dal racconto della serata della vigilia, non ho scritto altro di questo viaggio. E anche le foto che sono state messe non riguardano tutta la giornata di ieri.

Non ho spiegato, per prima cosa, la ragione per la quale ho deciso di venire qui ad Edimburgo. Non ce ne è una in particolare in verità. Avevo solo due giorni, avrei preferito andare in un posto al caldo, tipo Spagna del sud o Portogallo ma con i voli non ci stavamo proprio. Non volevo passare quegli unici giorni negli aeroporti di mezza Europa, tra un cambio e l’altro.

La prima destinazione fattibile che mi ha proposto Easy Jet è stata appunto Edimburgo. E mi sono detto, perché no? Tanto, una destinazione vale l’altra e i voli erano comodi, senza scali intermedi…

Non ho pensato al freddo e alla pioggia. Ero rimasto talmente ammaliato dall’unica volta che avevo festeggiato capodanno qui, che la location mi è andata subito a genio.

Il volo di ieri, stranamente, è partito puntualissimo, puntando all’inizio verso est e poi, sopra Biella, virando a nord. Ho riconosciuto bene il lago d’Orta, il Monte Rosa e… niente, poi sono schiattato dal sonno. Accanto a me, una ragazza sferruzzava a maglia, facendo un qualcosa. Dico RAGAZZA, non mia nonna. Ma puoi? Cosa fai sull’aereo? Il maglioncino per il moroso? Che cosa strana!

Ho preso subito l’auto, una volta all’aeroporto di Edimburgo. Rebecca della Europcar mi ha dato una Volkswagen nuova di zecca, con il gps e navigatore. L’ho vista un po’ preoccupata quando le ho spiegato che viaggiavo da solo. Ho subito pensato che si immaginasse la mia gita come a un camel trophy tra le alture ghiacciate delle High Lands… Le ho semplicemente sorriso, correggendole l’immaginazione. Vado solo a Dunbar! Delusissima. Infatti su di lei in un attimo vi ho letto tutta la sua delusione: Dunbar?, ma che posto è…?

Non mi sono portato direttamente all’albergo. Volevo vedermi prima i Kelpies, le teste di cavallo, simbolo di non so quale spirito ancestrale. Edimburgo ormai è solamente associata a questo monumento. Per prendere la strada corretta, ho sbagliato all’inizio diverse volte per colpa della lentezza del navigatore che non era molto registrato e per alcuni svincoli chiusi. Alla fine, con un po’ di pazienza, sono arrivato nel punto esatto. Le ho viste, le teste di cavallo, svettare dalla A9. Ho parcheggiato e mi sono incamminato per il parco. Sono stato molto veloce, tanto era la mia terza volta in quel posto. Non mi ricordavo però un freddo così pungente.

Un’oretta dopo ero a Dunbar e il resto è cronaca di ieri.

Oggi, dopo colazione, mi sono portato sul lungo mare di Dunbar e ci sono rimasto tutta la giornata. Prima mi sono portato a sud, seguendo il sentiero periglioso del campo da golf. Minacciosi cartelli mi avvisavano che nel caso avessi sentito un fischio e qualcuno gridare qualcosa, avrei dovuto abbassare la testa a mo’ di tartaruga, coprirmela con le mani e sperare che nessuna pallina mi colpisse. C’erano i golfisti, eccome, con questi passeggini porta mazze. Ma dico: non hai niente di meglio il primo giorno dell’anno che andare al golf? Li guardavo come se vedessi degli alieni. Vecchiettini in snikers e dentiera in bell’evidenza, palline fosforescenti (almeno quelle!) e queste mazze. Fine. Mi sono addentrato per un po’, ma poi davvero ho seguito i consigli della Land Reform Act, la legge scozzese che regola la convivenza, cercando di preservare le nostre testoline.

Sono andato così in centro. Volevo passare dalla spiaggia, ma era così melmosa, non c’era un sentiero, era pieno di alghe, così per evitare di incagliarmi da qualche parte, ho preferito seguire le viuzze laterali. Era tutto silenzioso e io un po’ rintronato. Avrei voluto fare amicizia con alcuni gatti in cima a scale chilometriche, da cui ti osservavano sornioni, ma non c’era verso.

Così in centro, va bè, come tutte le città del Regno Unito, la High Street era uguale a tutte le altre. C’erano per lo più vecchietti a passeggio coi cani, o meglio, trascinati da loro. Un supermercatino aperto e tutto il resto deserto. Ma era bello passeggiare tra i bacini dei due porti. C’è stato pure un frangente in cui il sole ha fatto capolino e ha dato una visione illuminata della città ma è durato tutto così poco… Ho camminato a lungo, tutto intirizzito, osservavo le rovine del castello, distrutto non so per quale ragione dagli scozzesi, mi sentivo come la cantante dei Dune, e avrei voluto cantare in vestaglia coi capelli al vento, who wants to live forever… Ok, immagine orrenda. Scusate.

Il buio è arrivato molto presto ma c’era un’ultima cosa da vedere. A cinque chilometri, il faro si apriva sul Five sotto un cielo tendenzialmente sereno. Spettacolo! Ho aspettato che il tramonto si esaurisse con i suoi colori rosa violaceo, piuttosto cianotico. Certo non ero in Oman, non mi sarei dovuto aspettare chissà cosa… Una volta completamente al buio, ho lasciato la spiaggia e sono rientrato in albergo, a sbollentarmi come una patata nella vasca da bagno.