Caro Marco,
non so dove ti trovi in questo momento, ma posso immaginarlo. Probabilmente nello stesso posto dove ti ho visto martedì scorso.
Non so se sei riuscito a sentirmi. Ti ho chiamato e scosso un paio di volte ma non hai reagito ai miei stimoli. Poi mi sono lasciato distrarre da tutte le lucettine e dai numeri che comparivano sui monitor. Una piccola divagazione professionale mi ha portato a pensare alle le tue lacune fisiologiche e mi sono domandato quali provvedimenti si potevano prendere per migliorare la tua situazione clinica. Certo: tutto era già stato pensato da altri. Sono rimasto a guardarti. In silenzio. Io e tu. Silenziosi. Mi dispiace. Tanto. Non ho molto da dirti. Siamo fragili in questo universo. La vita ogni tanto si interrompe e non si può tornare indietro. Ma, credimi, non sono stato indifferente al tuo silenzio come qualcuno mi ha accusato. Caro Marco, volevo dirtelo caso mai tu riuscirai un giorno a leggere questo blog. Ave atque vale. Carletto