La mattinata in Catania era di un cielo perfetto e azzurrissimo. Dopo la colazione al bar Sapienza, perché in albergo, a causa delle norme anti-Covid, era vietatissimo, con cornetto al pistacchio, avevo ben due ore a disposizione.

Ho percorso tutta quell’area tra la Stazione Centrale e piazza della Repubblica, con un po’ di patema d’animo. Sembrava di essere nei pressi della Golette di Tunisi, ma peggio ancora, tra i viali di Accra. Gli unici italiani eravamo noi. Percorrevamo strade in cui si praticava commercio primario, secondario e illegale. Incredibile come non ci fosse più un’identità o legalità. Arrivati in piazza Stesicoro, abbiamo riconquistato la Catania di cui ti aspettavi di vedere. Un giro al mercato per Mater e un giro per me lungo la Via Etnea, finalmente di giorno.

Mi sono incontrato ancora con l’elefantino, e poi qualche visita nei chiostri dell’Università e del Comune e via, era già tempo di tornare indietro.

Volevo fermarmi sul lungomare, ma una città che non si apre al mare è una città morta, persa. E Catania non ha uno sbocco perché bloccato dalla ferrovia. Un vero peccato, sarebbe una novella Barcellona.

Alle undici, puntualissima la navetta ci ha accompagnato fino a Milazzo. L’autista, un vero siculo, dal bell’aspetto e portamento, ha iniziato a parlare fitto fitto con mia madre, condividendo i ricordi e le problematiche familiari.

Dopo un po’ di chilometri il mio entusiasmo si è spento, in concomitanza con il brutto tempo che avanza più progredivamo al nord. A un certo punto l’autista ha iniziato a declamare le bellezze di Taormina. Niente di quei pochi ricordi che avevo corrispondeva a quello che vedevo. Anzi mi sembrava tutto così brutto, così illegale, così da abusivismo.

Forse perché mancava il sole e l’aria. Forse perché non me ne fregava una beata cippa di quello che si stavano dicendo. Con un occhio mezzo chiuso e dopo circa mille sbadigli siamo arrivati a Milazzo. Peggiore di quanto la immaginassi. Forse perché c’erano la pioggia, i nuvoloni, i palazzacci brutti.

Aliscafo per Stromboli saltato. Quelli dell’agenzia si sono prodigati nel riprogrammare il tour. Prima Lipari, poi Stromboli e infine Panarea. Beh, poco era cambiato. L’unica noia era riconfermare le tratte degli aliscafi e farsi rimborsare quelle non usufruite.

Il tempo era inclemente. Il mare mossissimo, nuvoloni e qualche fugace schiarita e di nuovo un velo di grigio, omegeneo grigio. Ho ronfato in quell’ora di trasbordo e sono approdato a Lipari in un momento di clemenza del tempo.

10 euro di taxi per fare 300 metri di strada. Stica! E va beh. L’albergo bello, pulito e nuovo era a mezzacosta, da dove si poteva vedere tutto il centro, nel quale ci siamo persi nelle ore successive, rischiando di prenderci scrosci e rimanere fulminati. Ma, devo dire, era bello anche così. Aveva molto fascino.