Lo Schwecat mi accoglie con una luce soffusa al tramonto. Il volo sull’Embraer 195 dell’Austrian è stato rapido e senza turbolenze, un viaggio rilassante e tranquillo. Peccato per la philippina, la vicina di posto, che ha iniziato a tossire e a scatarrare appena ho messo il mio panettone sul sedile. L’ho guardata per mezzo secondo con uno sguardo truce e, come per magia, ha deciso di cambiare fila, cessando immediatamente di tossire. Sarò stato io la sua allergia? Poco importa!
Il muso era puntato verso nord, ma non appena staccate le ruote dalla pista, l’aereo ha compiuto una virata decisa a est. Ho temuto per un momento che perdesse portanza e che si schiantasse al suolo. In realtà si è riallineato poco dopo sopra Venegono, tagliando la Pinetina ed entrando in territorio comasco. La città ce l’avevo lì davanti. Vai piano che devo vedere bene. Non appena individuato il Bassone, speravo di vederci Jake, ma mi sono ritrovato sul lago di Montorfano e di Alserio. Tutto così veloce! Ho intravisto appena il Triangolo Lariano, Bellagio e la Tremezzina prima di essere ingoiato dalle nuvole. Poco male, ho chiuso gli occhi e mi sono ritrovato a Vienna.
Così inizia il mio viaggio per l’Armenia. Tra qualche ora partirò per Yerevan.
Perché l’Armenia?
Avevo una settimana libera. Il Nord come sempre era lì che mi stuzzicava e mi attirava. Le Aaland questa volta erano mie, dopo che lo scorso anno le avevo tradite per la terra del Gotland… Ma…
Già, c’era quel maledetto corso, il PALS. Dovevo studiare, concentrarmi, leggere pagine su pagine e rispondere alle domande possibilmente in modo corretto. Ero così in ansia per questo corso, l’ho vissuto male. Primo perché le piccole creature, a parte Jake, non sono affini al mio essere di orso della Camerlata. Poi perché, di fatto ormai sono vecchio e rinc…glionito e non ho più voglia di studiare, di concentrarmi, di mettere in pratica l’arte della conoscenza. Ho vissuto tutta la vita a dare esami, a gareggiare in una lunga corsa ad ostacoli. Basta, sono stufo. Anzi sono pesante e non riesco più ad elevarmi.
Questo disagio ha segnato pesantemente il mese di maggio. Mi sono detto che avrei pensato al viaggio solo dopo aver dato il PALS in maniera soddisfacente. Che fai? Non potevo certo andare dal capo e dire che non avevo passato il corso! Poi davvero, mi avrebbe messo a novanta.
Così, il 17 appena uscito dall’IRC&Tech, ho prenotato. La Svezia ormai non era fattibile con solo quattro giorni di anticipo. Non avrei trovato un traghetto e poi sicuramente avrei rischiato di passare la notte en-plein air, abbracciato a qualche orso.
Ho avuto la folgorazione proprio durante il corso.
Perché non andare in Armenia?
Cosa sapevo di quello stato?
Lo stemma nazionale è sostenuto da un’aquila e un leone, simboli del cielo e della terra. In nessun altro stemma, sono raffigurati così vicino. Va beh che il leone e l’aquila non si guardano ma hanno la stessa rivoltata, forse per evitare la fiatella, ma la composizione è molto bella.
Il Monte Ararat, dove si dice si sia arenata l’Arca dopo il diluvio. L’ho visto più volte nei midi viaggi verso l’Oceano Indiano. Lo riconosci immediatamente: azzurro, innevato, solitario, circondato da un’aura divina. Inconfondibile.
L’alfabeto, uno dei più strani, le cui lettere assomigliano a dei serpentelli che pendono giù dal rigo. Quella scrittura è indecifrabile, nemmeno provi a capirla.
Yerevan mi ha sempre incuriosito. Ai piedi dell’Ararat, a pochi chilometri dalla Turchia, non offre molto dal punto di vista architettonico. Tuttavia, il centro è perfettamente circolare, un po’ come Grosseto con le sue mura ben visibili dall’alto.
Mi sono incuriosito sull’Armenia dopo aver visto un film italiano, Hotel Gagarin. Non so se definire bello o meno. Evidentemente non ha avuto molto successo, recitava l’Argentero. Se non fosse stato italiano, avrebbe avuto più valore. È sicuramente interessante che offre molti spunti originali. In realtà è un’opera machiettistica, alcuni abitanti armeni cercano una parte come attori. Personaggi semplici, contadini, tenerissimi (ed è la cosa più bella del film) trovano un ruolo e si esprimono come possono davanti al regista che li guida nei loro desideri.
Ecco, mi era piaciuto questo gioco delle parti, in un albergo, dal nome di un astronauta, Gagarin appunto, che sognava la libertà nello spazio. Dopo la visione di quel film, mi ero promesso che prima o poi sarei andato in Armenia. E visto che ormai i “poi” assumono un valore inestimabile ogni giorno che passa della nostra vita, si stanno vertiginosamente trasformando in tanti “adesso”.
E poi c’è la storia del genocidio… Speriamo di reggere… ma ne parleremo altrove.
Ok, pronto a partire per questa terra grande come la Lombardia, schiacciata tra Russia e Turchia, tra il Mar Caspio e il Mar Nero.