Unisco qui il secondo e il terzo giorno, praticamente fotocopie. Non riesco a fare molto perché internet non va, o meglio c’è ma la connessione è veramente ridicola. Appena arrivati in albergo all’alba delle 2 (ore 4 in Italia) siamo sprofondati in un sonno profondo. Dopo tutta la fatica per arrivarci, le due ore di fuso, e l’accoglienza alquanto lacunosa, Mater non ce la faceva più.

Ieri e l’altro ieri siamo stati in albergo, o meglio resort supermegalusso di cinque stelle. D’altronde se avevamo prenotato nella pensione a due stelle e mezzo e ci siamo ritrovati in overbooking, ho scelto per l’alternativa più vantaggiosa e tutto senza pagare un euro di differenza: con l’all inclusive, mangiare come un porco e mille lussosità.

Però…

Sì, c’è un però: è un cinque stelle come vogliono loro, i servizi essenziali lasciano a desiderare. Mi sono dovuto portare io le valigie appena arrivato, al buio, cercando la stanza tra le altre oltre 250, solo nel nostro blocco. Nessuno, uno che uno ci ha aiutato. Non c’è possibilità di fare escursioni, di prenotare l’auto, di cambiare i soldi, una navetta che ti porti in centro. Nada de nada. Puoi solo mangiare, ingozzarti e spiaggiarti in piscina o al mare. Se stai in questo ambito, le cinque stelle le vedi benissimo.

In alternativa ci sono i taxi quanti ne vuoi, a prezzi di una metropolitana nordeuropea. E dovrebbero essere essenziali. Alla faccia. Su questo hanno trovato le galline dalle uova d’oro. Non c’è traffico, solo ed esclusivamente taxi.

Col cavolo che li uso e infatti in questi due giorni, mi sono fatto oltre 10 chilometri, tra spiaggia e paese di Santa Maria. Però, sì è bello passeggiare, nessuno lo nega, ma quando i chilometri diventano molti, la stanchezza la senti, eccome se la senti.

Infatti mi avete visto nel video come ero arrivato in albergo, sudato, puzzolente, stravolto. E così in questi due giorni. È Capo Verde, bellezza. L’isola senza stress. Questa è la frase, il mantra dei capoverdiani. No stress per loro, non di certo per noi, che in questi due giorni per organizzarmi, per fare un giro a Santa Maria, ho dovuto sudare. Che poi non è tanto per me, ma per mia madre. Per l’amore del cielo, li spendo anche i soldi, ma dilapidarli per fare avanti indietro dalla cittadina, mi sembra davvero un peccato.

L’unica cosa bella, la spiaggia. Una spiaggia larghissima, chilometrica, appunto, di sabbia sottile, lambita da un mare turchese. Il paradiso. Non c’è altro da dire. È la quinta stella, senza dubbio, ma tutto il resto, devi fare una fatica doppia, tripla perché i capoverdiani non si muovono, non ti aiutano, non ti facilitano la permanenza. Loro sì che sono senza stress. Io invece sto schiumando di rabbia, sono stressato e al limite del collasso.

In questi giorni non sono nemmeno quasi riuscito a scrivere, a tenervi aggiornati di questo viaggio, proprio perché non ce la facevo. Mater ci ha sofferto, la vedete nella foto un po’ sciupata. Ma giuro che questa volta non è colpa mia.

Non c’è molto da vedere oltre al mare, al tramonto. Santa Maria è una cittadina con una spiccata vocazione vacanziera tipica di Rimini. È tutta raccolta attorno al pontile, questo sì che ha mantenuto la sua autenticità, il suo fascino. Peccato che per fare la foto alla scimmietta ti chiedano 10 euri, che per contrattare nei negozi devi sfoderare doti diplomatiche, che sei assalito dai vucumprà, d’altronde sei a casa loro. A Santa Maria ho fatto il bagno nell’Atlantico, non ce la facevo davanti all’albergo, il mare era troppo mosso.

Giuro, non ho mai provato disagio e fatica come in questi giorni, nemmeno nei posti più disagiati del terzo mondo, nemmeno nel nord della Thailandia quando il mio amico Federico doveva passare illegalmente il confine con il Bangladesh per andare in India. Giuro. Tanta fatica per cosa.

No stress. Sì, lo stress è solo per noi mica condiviso.