Diciamo che questo terzo giorno poteva essere meteorologicamente parlando migliore, invece è stata una schifezza. Già stamattina, il cielo era pieno di minacciose nuvole, che col tempo si sono aggregate tra loro formando una cupa cappa grigia.

Incominciano i rosari e le litanie… Il programma di oggi era attraversare l’altopiano centrale per poi giungere a Matala ma, purtroppo, è iniziato a piovere. Andare in giro per le montagne, su strade sconosciute non mi sembrava il massimo della saggezza.

Mi sono fermato poco sopra le colline di Heraklion, nel paesino di Archanes. Il tempo non era dei migliori. Ho percorso il centro, salendo per le stradine che si arrampicavano sulla collina, temendo di ruzzolare giù direttamente a Heraklion, visto che avevo i sandali. Giunti sulla collina dove si ergeva la modesta chiesa ortodossa, ho deciso che ne avevo piene le tasche del tempo e della fastidiosissima pioggerellina che si intrufolava direttamente nelle scapole.

Pensavo di ammirare la Grecia assolata, arsa, assetata, invece mi sembrava di stare nel Triangolo Lariano. Nella via principale mi sono fermato nel bar Zen of Crete a bere un cappuccino. Giusto per scaldarmi. Per lo zen, invece dovevo ancora lavorarci molto.

Così ho deciso di andare al Palazzo. Io non volevo, non mi interessavano le quattro colonne rosse, la civiltà minoica, il Minotauro e il filo di Arianna… Boh, avevo le idee confuse ma il tempo aveva deciso per me. Mi dirigo verso l’ospedale cittadino, in prossimità del quale si trova il sito archeologico.

Il peggio che temevo ce l’avevo davanti. Una coda infinita, un vociare e uno sgomitamento unico. No, non ce la potevo fare. La cosa peggiore era sentire parlare in italiano, tutti gli italiani avevano deciso di andare a Knosso. Tutti professori e informati sulla storia di Knosso e io che mi sentivo uno stupido perché non avevo che pochi ricordi.

Alla cassa domando: “Any reduction for elderly people”. Lei prontamente mi fa: “Sure, how old are you”. Oh, senti cretina, ed è proprio il caso di dirlo, ma perché lo chiedi a me? Non vedi mia madre da parte? Idiota, adesso ti lascio in mezzo al labirinto.

Offeso, ho percorso il sentiero e il periplo del palazzo in dieci minuti netti. Qualche fotografia, un’espressione che diceva: non me ne può fregare di meno. Adesso che ho visto il palazzo, usciamo via di fretta.

E infatti ho preso l’auto, dopo aver trascinato a forza Mater che si era magnetizzata davanti ai negozi di souvenir e mi sono diretto alla prima spiaggia, la prima che avrei trovato. Dopo il promontorio che nasconde l’aeroporto c’è questa spiaggia bellissima, stranamente senza costruzioni, con qualche ombrellone, le sdraio del comune.

Nonostante le nuvolaglie, il vento forte, ho apprezzato molto questa spiaggia. Non c’erano vestigia umane. Su un tavolino di legno, sotto un ombrellone di paglia, io e Mater abbiamo consumato il solito pranzo al sacco. Non mi interessava che facesse cagare, io guardavo il meraviglioso mare e le onde rabbiose che si infrangevano sulla spiaggia.

Un cane, un labrador pulcioso, ci ha tenuto compagna in cambio di un pezzo di prosciutto. Il pane lo ha schifato, il cretino. Sarei rimasto volentieri per il resto della serata. Ma povera Mater, era congelata, il vento le faceva venire la cervicale. Ho commesso l’errore di passare da Hersonissos. Mai più. La copia peggiore di Diano Marina o qualcosa del genere, il trash e l’immondezzaio turistico, nonostante la location bellissima, lungo una baia circolare. Ma era davvero inguardabile. Ho resistito solo per far piacere a Mater…