Ieri sera eravamo troppo stanchi per uscire, così abbiamo cenato nel ristorante proprio accanto all’albergo. Ambiente arabo, tutti che fumavano la shisha direttamente dal narghilé ravvivato da tizzoni ardenti, portati in giro con scioltezza in un turibolo da uno che se inciampava… altro che centro grandi ustionati di Niguarda.
Pollo con qualcosa dentro di non meglio identificato negli involtini, il tutto coperto da una fondue di formaggio e funghi. Piatto tipico di Abu Dhabi, direi. Intanto ci siamo sorbiti la partita di champions league, che a quanto pare non interessava a nessuno. Mater a momenti si addormentava direttamente sul piatto. Infatti ha sparso fondue direttamente sul tavolo. Figuraccia.
Oggi, il maltempo imperversava, ma almeno non ha piovuto. Ho litigato sin dall’inizio per la colazione. Volevano farcela pagare. Visto che avevo il voucher del Mariott hotel, mi sono fiondato direttamente alla reception e con una sceneggiata napoletana e isterica, ho fatto valere i miei diritti. Anzi, glieli ho gridati dietro. Dopo di che si sono profondamente scusati, e ci hanno fatto fare la colazione gratis, ma non a buffet come tutti. Insomma, siamo passati per gli italiani pezzenti che non vogliono pagare. Schifosi, il vostro pain au chocolate ve l’ho pagato profumatamente e faceva pure schifo.
Mi sono poi lanciato nel vento, anzi nella bufera. Ho preso un taxi e mi sono fatto portare alla Grande Moschea. Il tempo era grigio. E io speravo nei cieli tersi di cui si è sempre ammantato questo monumento. Invece nulla. Siamo stati poco e non sono nemmeno entrato perché eravamo in ritardo sui tempi. Ma almeno ho fatto qualche foto.
Ho passeggiato così, dopo essere tornato col taxi, alla Marina. Sembrava di essere nel mare del Nord nei migliori giorni estivi sul molo di Copenaghen: peccato che fossimo nei peggiori invernali di Abu Dhabi. Ma capite che, nonostante tutto, non disdegnavo la tormenta e la brezza gelida, il cui profumo mi inebriava.
A mezzogiorno, il chauffeur, ragazzotto brioso emiratino, con l’immagine della moglie sullo screen del cellulare, ci ha riportato a Dubai. Talmente sprint che, visto che i limiti previsti erano quelli, andava a 140 chilometri orari. Fissa la lancetta del tachimetro, era lì piantata, nonostante le raffiche di vento, nonostante le folate di sabbia, nonostante la visibilità. Siamo arrivati davanti alla hall del Millenium, dopo aver mancato l’isolato giusto, visto che era talmente veloce. E vabbé.
Il nuovo albergo è bello e lussuoso ma, diciamo, ordinario. Strapieno come un uovo. Ho subito rimpianto il mio albergo di Abu Dhabi, almeno non era claustrofobico e incastrato tra i grattacieli della Marina. Me ne sono uscito subito per andare in centro, che dista almeno 40 chilometri e con la metropolitana è davvero un supplizio.
Prima tappa, e in seguito anche ultima, la chiesa della Madonna, non chiedetemi appellativi strani. Trenta fermate di metropolitana con scambio tra la linea rossa e quella verde. Insomma usciamo quasi vicini al centro storico ma sufficientemente fuori che sembrava essere già in periferia. Ci siamo ritrovati nel quartiere indiano-cingalese-pakistano. L’odore di spezie si sentiva già da subito dalla stazione della metropolitana. Ma va bene. Mater, nonostante tutto, forse perché non aveva ancora pranzato, si è fermata nella prima pasticceria, un po’ kebabbara, che le ha ispirato fiducia e si è scofanata un’intera fetta di torta alle fragole. Io una modestissima fetta di dolce al cioccolato dal peso modesto di mezzo chilo.
Arriviamo alla chiesa, proprio accanto alla moschea e all’istituto di non so bene quale materia, di studi pakistani. Pensavo di aver sbagliato indirizzo, ma c’era, sì, la chiesa, bella nascosta e protetta dalla cinta muraria. Entriamo nel cortile dove facevano bella figura di sé la madonnona che si stagliava sotto le guglie della moschea, il presepe un po’ naif, tra i cui personaggi, dormicchiava un bel gattone, e l’albero di natale. Capannelli di fedeli pregavano sia davanti al presepe sia davanti all’albero di Natale. Ma puoi?
La messa, pensa un po’ che tempismo, sarebbe iniziata da lì entro mezz’ora. Io che volevo vedermi il centro, ma lo sguardo di Mater non ti dava molta scelta. Poi abbiamo trovato due persone della Azzurra di Rovellasca. Basta. Mi sono giocato tutto il pomeriggio a sentire la messa, inglishissima con sottotitoli. Io ho evitato di entrare in chiesa. Sono rimasto in cortile. Ma c’era mezza Dubai di immigrati che si è radunata nel cortile. Mio malgrado ho ascoltato la funzione religiosa come se fossimo allo stadio.
Ormai erano le sei e così mestamente siamo tornati alla Marina percorrendo quella quarantina di chilometri in senso inverso con la metro.