Il Rotana Resort fa parte di un complesso molto più ampio di altri resort dell’Havana e qualcosa. A sua volta è suddiviso in diversi cluster ciascuno dei quali, o più di uno, è gestito da diversi tour operator. Il Bravo Village comprende la parte più occidentale dell’immenso parco: per capirci, ti ci vuole la laurea in geografia politica per orientarti. Se senti parlare in polacco probabilmente sei nel posto sbagliato.

Non mi sconquiffera molto la vita di villaggio ma essendoci Mater mi va bene anche questo. Trovare simili della sua età parlanti in italiano per lei è stata una boccata di aria fresca. Infatti, non appena è arrivata si è tuffata a pesce da alcune signore probabilmente la cui l’età per la dentiera era l’ideale. Non mi ha più considerato, anzi si è messa in pianta stabile da loro, iniziando chissà quali discussioni.

Io, intanto, ho cercato di fare le diecimila foto al sole che è tramontato dietro le montagne dello Yemen. Beh, non solo io, ma anche tutti i miei coinquilini di cluster del Bravo Village. Il sole era perfetto, proprio da cartolina caraibica (ma non siamo in Arabia?) sulla linea dell’orizzonte e dietro le palme che sono state trapiantate sulla spiaggia. Ma senza palma che villaggio è?

La conoscete tutti la vita da spiaggia in un villaggio e non mi dilungherò certo a spiegarvela. A me veniva l’orticaria a sentire e a vedere ballare la sigla del Bravo Village. Anche no! Poi tutti quei bambini vocianti, le faighe che sbolognavano i suddetti pargoli alla povera animatrice e iniziavano a farsi i più improponibili selfie alla luce serotonina con il setting da presepe.

Infatti, stamattina, sono andato alla scoperta del Rotana, Havana e mille altri nomi, tutti concentrati in questa parte di Salallah, la cui città dista ben 20 chilometri, sai, prima che gli arabi vengano contaminati dalla vita peccaminosa di questi posti. Il sole era caldo ma era sopportabilissimo. Siamo passati per tutti i cluster percependo le lingue di mezzo mondo. Mater, riluttante – era già a ciacolare con i sardi – mi ha seguito. Con la bussola e con l’istinto da Indiana Jones che mi ritrovo ogni tanto, siamo andati fino alla Marina, zona turisticissima, piena di negozietti. Per fortuna che era vuota, che la massa di persone era incollata sulle sdraio della chilometrica spiaggia. Tutto nuovo, tutto costruito, tutto per il divertimentificio. Comunque ci siamo fatti i nostri, almeno due abbondanti, chilometri.

Per fortuna che al ritorno abbiamo fermato (a dire il vero Mater si è buttata letteralmente sotto) un veicolo elettrico che ci ha portato direttamente al nostro Bravo Village, dove non ho potuto fare altro che vedere le faighe sottoposte ad esercizi per tonificare il gluteo. Aiiiiuto. Mi sono così tuffato nel verde smeraldo dell’Oceano Indiano che mi ha sempre accolto con calore. La sabbia era fine, la bassa marea ti permetteva di allontanarti dalla riva per molto. Da lontano il vociare della gente era praticamente inesistente, e se guardavi verso occidente, vedevi solo montagne e un’immensa lingua di sabbia bianchissima ancora incontaminata, senza costruzioni e senza nulla.

Ecco, mi bastava questo, la natura prepotente non ancora distrutta, le montagne che proteggevano la cittadina, i voli di una miriade di uccelli che riempivano il cielo, il cielo di un azzurro che più azzurro non si poteva, altro che quello di Lombardia, il nascondersi sotto la sabbia di una quantità innumerevole di gasteropodi buttati sulla rena ad ogni onda.

Da lontano era tutto meraviglioso, questo sì, e pazienza se devi sopportare i coretti e la vita da spiaggia, ma almeno farsi passare questa