E così per il mio compleanno mi sono regalato questa notte nel deserto.

Mi ricordo lo scorso anno: ero sui Pinerei e la memorabile diarrea, regalatami da un dolcetto preso da un kebabbaro di Lourdes. Non c’è bagno pubblico di Andorra che si ricordi di avermi dato asilo politico per le mie impellenti esigenze.

Quest’anno è andata (quasi) meglio, anzi una notte perfetta, di quelle che ti auguri di passare per il resto dei tuoi giorni. Certo, ho rischiato di non arrivare al campo per colpa dello Schummacher della jeep, ma ci sono stati altri momenti in cui oltre alle stelle avrei visto qualcosa d’altro.

Come ad esempio la scalata della duna su una scaletta a pioli senza appoggi e senza niente. La prima decina di gradini l’ho fatta con entusiasmo, con baldanza, poi mi sono subito arreso. La pendenza era talmente così notevole che l’energia potenziale voleva farmi ricacciare in valle. Poi ero con i sandali e i piedi si infilavano tra la sabbia e i pioli. Ho iniziato a soffiare come un mantice, a sudare, a cristonare. Il sole era lì che sta per tramontare e per nulla al mondo avrei voluto perdermelo. Mi arrampico con la forza della disperazione, questione di vita o di morte. Fosse stato anche l’ultimo compleanno.

Alcuni ragazzi impietositi mi hanno teso la mano e in cordata mi hanno tirato su. All’inizio volevo dire di no, ma al diavolo l’orgoglio! Mi sentivo come la Bonnie Tyler, sicuramente molto meno cotonata, quando cantava holding out for a hero. Mi hanno salvato e io ho potuto vedere il sole. Mi sono piazzato sul cucuzzolo, mi sono scavato la mia nicchia e ben appollaiato, ho cercato di riprendermi dal fiatone, dal sudore e ho iniziato a guardarmi il bellissimo tramonto. Gli altri sfidavano le leggi naturali della gravità, rotolando e sfidando le vertiginose pendenze. Io molto più umile. Già mi sono abbassato a un tale livello da accettare una mano…

Commozione pura, spaziare lo sguardo nell’indefinito e stare lì ad osservare il sole sempre più rosso. Alcuni facevano le foto stupide, facendosi immortalare mentre afferravano il disco rosso con le mani…

E niente, ormai quando il rossore del cielo era diventato un piccolo puntino, sono ridisceso, affondando fino alle caviglie, nella sabbia che nel frattempo si stava raffreddando…

La cena, tipica araba, prevedeva carne di cammello, o arrostito o con i pomodorini – ma anche no -, l’immancabile riso, pane, humus, verdure grigliate, spiedini. Anche lì figuraccia dopo essermi seduto per terra sui cuscinoni, convinto che lo schienale reggesse il mio peso, mi appoggio a peso morto e via, rotolo all’indietro, gambe all’aria, una piroetta degna della Cuccarini. E no… anche questa! Si sono alzati tutti in mio aiuto. E no, questa volta no, mi devo alzare da solo e rimettermi a posto…

Ecco, vedete? Non è successo niente mentre mi scrollavo la sabbia da dosso. Il buio intanto si intensificava, ci siamo riuniti attorno al falò. La guida, dapprima seriosa, ha iniziato a parlare della cultura islamica, poi, piano piano, abbiamo iniziato una conversazione ciarliera e pruriginosa con barzellette spinte, non volgari ma… sì insomma, che cosa vuoi fare attorno a un falò in piena notte nel deserto?

Il fumo del narghilé si spargeva tra gli astanti tra una barzelletta e l’altra… Le stelle cadenti erano così innumerevoli che avevo finito la lista dei desideri e non sapevo più che cosa desiderare… Il cielo era limpido, perfetto, eravamo protetti dalle dune che formavano un emiciclo attorno al nostro falò. Non potevi non guardare in alto… E non faceva neppure freddo.

E a mezzanotte tutti in tenda, a dormire. Ho voluto fare alcuni passi nel buio più totale ma ho preferito soprassedere dopo alcuni passi… prima di ammazzarmi! Alle tre di notte, urgente il bisogno di alzarsi per fare la pipì, il bagno era dietro la tenda, ma bisognava alzarsi, uscire, congelarsi e ritornare in tempo record… Avvolto dal piumino del mio futon, in mutande esco di corsa. Mi fermo un attimo a contemplare la luna, la cui luce spioveva proprio sulla mia testa. Alcuni passi e non mi accorgo delle corde della tenda. Inciampo, altro tuffo triplo carpiato.

Ma che sfiga! Almeno questa volta non mi ha visto nessuno, anche perché ero in mutande e non mi sembrava uno spettacolo decorso. E ritorno di filata in tenda cercando di scaldare ogni centimetro del mio corpo che si era congelato.

Alle cinque sveglia! Io morivo di sonno. Ma coraggiosamente ci inoltriamo verso Est, dove sarebbe sorto il sole. I ragazzi nel pieno vigore delle loro forze, hanno percorso quei duecento metri verso il point of view, camminando a mezza costa, facendo un saliscendi tra le coste delle dune. Anche no, per piacere. Era la mia terza caduta, e la quarta sicuramente sarebbe stata fatale. Anche Gesù nel suo calvario era caduto tre volte.

Perché non passiamo in vicinanza degli arbusti? Nel punto più declive, dove viene raccolta l’umidità? Nessuno mi ha ascoltato e come cerbiatti li vedevo arrancare tra le pieghe della duna. Io invece parto. Detto fatto. In poco tempo mi sono ritrovato all’ultima duna e ho girato a destra come da indicazioni e mi ritrovo affacciato sul balcone naturale. Primo degli altri. Tronfio come un pallone. Avete visto? Tié tié. Il cicciobombolo è arrivato prima di voi perché è intelligente e non lo avete minimamente cagato. Se avessi avuto la bandiera dell’Oman l’avrei piantata come un novello Gagarin…

E così nella mia oretta di contemplazione, aspettando il sole, immaginando le scene dei cartoni animati di Pollon, ho visto il sole sorgere tutto per me, per il mio compleanno. E mi sono fatto gli auguri da solo, come desideravo e come volevo. In un posto stupendo, immerso nella natura e al limite del divino.