Dopo il riposo pomeridiano e la cena piccante, Mater si è fatta coccolare e viziare dai ragazzi della FrancoRosso che avevano preparato un aperitivo di benvenuto e il bingo.
Mater ha iniziato a sfrutturare la loro disponibilità e gentilezza. Non li invidiavo proprio mentre ascoltavano in un coraggioso silenzio le sue paturnie…
È andata a letto contenta e felice piombando in un sonno profondo. Non l’avresti svegliata neanche con le cannonate. Infatti, stamattina per buttarla giù dal letto, ho dovuto aprire tutte le tende e metterle la sveglia proprio accanto all’orecchio.
Oggi, giro nella parte interna di Phu Quoc, presso una cascata di cui non ricordo il nome. Con il taxi, ci siamo arrivati comodamente dopo una decina di chilometri. Il tassista, lontano dai canoni estetici del vietnamita segnaligno giovane e capelli neri, scatarrava come uno scaricatore di porto.
Il tragitto era breve però la strada che costeggiava l’aeroporto è a pagamento. Abbiamo dovuto versare la somma di un piccolo pedaggio per la tangenzialina di Dong Duong. Tutto il mondo è paese.
La cascata è all’interno di un parco a tema, una Gardaland dismessa, con tutta la tristezza che si porta dietro la Repubblica Socialista. Ma il libero mercato da poco approvato dal Partito Comunista in questo posto deve ancora arrivare. Sembra di ritornare indietro nel tempo, almeno prima della Guerra di Indocina.
Un parco ben tenuto e curato ma con delle statue di cemento che riproducevano tigri, ippopotami e altri animali non meglio identificati. Una vera ossessione che ti accompagnava per il lungo sentiero che si addentrava all’interno della foresta pluviale.
L’importante erano le cascate, sì, cascatelle, due rigagnoli con una pozza alla base del bacino. Non mi aspettavo di certo le Cascate del Niagara ma insomma. La puzza c’era anche lì ma ho vinto ogni timore e mi sono buttato dentro proprio sotto il getto. Una scena molto Badedas…
Da lì siamo andati, dopo aver percorso a piedi un un chilometro la tangenziale e poi con un taxi di fortuna recuperato all’ultimo momento, alla città…
Ovviamente Mater ha iniziato lo shopping compulsivo. Io le dovevo stare dietro prima che mi spaventasse la vietnamita minuta del negozio di perle. Alla fine, come grandi amiche si sono abbracciate. Io le guardavo con uno sguardo interrogativo sull’insondabile capacità di Mater nelle relazioni interpersonali.
Un giro per il centro, tra la puzza e il lercio, per poi tornare spiaggiati sulla chaise longue del resort. Fino al tramonto, ancora una volta, commovente…