Pensavo a lui quando mi hai abbracciato stretto. Al suo sorriso meraviglioso impresso nella gigantografia al Museo della Cosmonautica all’interno della Mostra Permanente VDNKh di Mosca. Gagarin, sì, proprio lui, un uomo bellissimo, che mi salutava probabilmente dallo spazio. In quello spazio che nessuno di noi vi ha mai messo piede.
Eravamo tu ed io in questa cornice bucolica, formata dal legno della piattaforma sul lago; il canneto sfiorava i nostri piedi, e un sommesso chiacchericcio di volatili e anfibi ci accompagnava.
Non pensavo a lui come surrogato, ero io il Gagarin che poteva donarti qualcosa: la gioia, l’incommensurabilità e il volo. Elevarsi fino allo spazio siderale con te, come la donna cannone di De Gregori che veniva sparata in alto. In questo abbraccio sentivo la carne rilassata e adagiata sul mio corpo. Ti mettevo una mano sulle palpebre per poi farla scendere sulla barba. Dovevo elevarmi e non rimanevere invischiato in quell’amplesso.
Ero emozionato, non lasciavo andare giù le lacrime per decenza ma sapevo che il mio spirito era sopra di te, ti guardavo e ti chiedevo di essere silenzioso, di non invadere il mio spazio, che per me era come un santuario, un tabernacolo shintoista su cui appoggiare il cibo da offrire agli dei. Avevi fame? Ecco il nutrimento. Avevi sete? Potevi abbeverarti. Era la natura ad accoglierci, lo sciabordio mesto dello stagno e il frinire delle cicale.
Sentivo di provare la gioia di Gagarin al suo primo volo e volevo dartela in quella sera umidiccia tardoprimaverile con la danza delle lucciole che ci attorniavano. Ti accompagnavo alla navicella Vostok e ti portavo con me. Non mi importava che da lì a poco sarebbe finito tutto, non volevo sapere che quell’attrazione sarebbe stata solo un’effimera presa di posizione di un istinto basso e sessuale…
No, non è vero, invece mi importava eccome. Avrei rinunciato a tutto pur di mettere la prima pietra di un rapporto solido e duraturo, di amicizia che sarebbe nata dopo quel fastidio necessario, da consumare nel minor tempo possibile per poi ripartire. E invece superato quel gradino è stato il precipizio, Gagarin è volato in alto, nel cielo blu, goffo con la navicella che sembrava un palloncino del lunapark. Tu, con l’umido al basso ventre, sei scappato sazio, svuotato, ormai privo di ogni desiderio. Rilassato. E questa volta ti ho visto, ti ho guardato, ho appoggiato i miei occhi in quelli tuoi. Potevi scappare, ecco allentavo le braccio. Ti osservavo per capire che cosa mi aveva attirato di te. Lo sapevo, solo quello sguardo indagatore, pieno di punti interrogativi. Che ora era inquieto e doveva ripartire per le prossime fermate.
Altro che Gagarin, semplicemente un incontro e basta. Altro che parole, solo un puntino cartesiano tra la parabola e la sua tangente. Altro che futuro, solo il tempo di abbassare la zip dei pantaloni. Quante volte avevo vissuto questo lancio, quante volte il countdown è stato abortito prima del volo. Lo sapeva bene anche Gagarin che per arrivare nello spazio si era esercitato infinite notti e aveva sperato. Ma non invano. Lasciavo aperte le braccia, non sognavo più. Sentivo i passi allonanarsi e io che mi giravo verso la superficie del lago che rifletteva il mondo sopra di esso in una perfetta simmetria. Ecco, avevo raggiunto anch’io quell’equilibrio. Non un’elevazione nemmeno un tonfo. Immoto come quella placida superficie.
Limp Bizkit – Behind blue eyes
No one knows what it’s like To be the bad man To be the sad man Behind blue eyes And no one knows what it’s like To be hated To be fated to telling only liesBut my dreams they aren’t as empty As my conscience seems to be I have hours, only lonely My love is vengeance That’s never freeNo one knows what its like To feel these feelings Like I do And I blame you No one bites back as hard On their anger None of my pain and woe Can show throughBut my dreams they aren’t as empty As my conscience seems to be I have hours, only lonely My love is vengeance That’s never freeNo one knows what its like To be mistreated, to be defeated Behind blue eyes An no one know how to say That they’re sorry and don’t worry I’m not telling liesBut my dreams they aren’t as empty As my conscience seems to be I have hours, only lonely My love is vengeance That’s never freeNo one knows what its like To be the bad man To be the sad man Behind blue eyes
Pensavo che il Paolo avesse raggiunto il gradino più infimo della propria consapevolezza con il suo urlo contro il cielo di ferro. Eppure c’è questo Hozier, un Fabrizio Moro irlandese, un Povia solo per i capelli lunghi e spettinati ma di tutt’altra caratura e serietà, che mi lascia ammutolito. Ho dovuto fermarmi mentre ero alla…
Avrei molto da dire su questo pazzo scatenato che ha fatto la mattanza. Ma meglio il silenzio 30 Seconds To Mars – From Yesterday He’s a stranger to someAnd a vision to noneHe can never get enough,Get enough of the oneFor a fortune he’d quitBut it’s hard to admitHow it ends and beginsOn his face…
Non l’avevo mai vista dall’alto. È la rotonda di Lazzago, quella vicino a casa: assolutamente perfetta. Quante volte rimaniano ancorati alla nostra fragilità di creature transitanti in un mondo piccolo e meschino! Con le preoccupazioni di ogni giorno affrontiamo con fatica le vicissitudini umane e spesso siamo tentati di gettare la spugna. Raccogliamo gli anni…
E con il Giardino dei Tarocchi ho completato il mio tour personale nella storia dell’arte. Dovevo farlo per me. Ora che sono arrivato alla consapevolezza, giuro che non mi interesserò più di questo mondo e di tutte le cose connesse. Chiuderò la porta, sigillandola. Il desiderio di comprendere nasce nel 2013, un anno molto triste:…
E io che pensavo il Brasile fosse un luogo felice, tutto samba, piume, Carnevale, Rio e Bahia! Da ieri, grazie anche a un irrefrenabile bisogno di scovare film che non fossero necessariamente banali e scontati, mi si è aperto un mondo nuovo. Un po’ sconvolgente questo Tropicalismo, di cui credo di non aver capito molto, se…