La notte bianca al Comune di Como

Jake, che notte che abbiamo passato assieme! Una magica notte nel cortile d’entrata del Comune di Como.

Lo spoglio è finito a mezzanotte e un quarto, senza spargimenti di sangue (ma sì qualche scaramuccia sedata sul nascere) e poi di corsa al Palazzo prima di perdere la scarpetta e vedersi la Peugeot trasformarsi in zucca. Parcheggio nel centro storico, quasi in piazza Medaglie d’Oro Comasche (c’era un delirio di auto in via Perti), mi incammino verso il comune trascinando te e il paccone di buste con i verbali. Ovviamente tu, tutto bello eccitato, hai snasato ogni singolo anfratto. Io cercavo di non perdermi il carico pesante e prezioso, infilato in una busta trasparente. Pensare che ero in giro da solo con l’intero contenuto di schede votate di una sezione! Ma chi decide queste assurdità, tra l’altro illegali? Se mi avessero rubato le schede? Ovviamente tra il guinzaglio e il sacco, avevo in mano anche pure una bottiglia di Estathé che cercavo di ingollare a grossi sorsi.

Arrivo all’entrata del Comune. C’è coda fino all’Arena. Follia. Pura follia. Sempre la res publica organizzata al limite del grottesco. La dirigente sbraita, senza mascherina, chiedendoci di non assembrarci (?!?) Le ridiamo in faccia in modo unanime. Lei cerca di giustificarsi: i numeri del Covid sono in rialzo. Un’altra grassa risata e finalmente lei sparisce.

Jake, inizi a miagolare, soddisfatto per la mega pisciata all’interno della fioriera. Tutto l’entourage dei presidenti di seggio con codazzo a seguito (io avevo solo te, bel micione) si volta. Tutti ti accarezzano. Le televisioni ti riprendono. Ma che nuovo sindaco!! Sei tu il protagonista in assoluto. Le telecamere ti puntano lo zoom e tu per tutta risposta, ti lecchi il pelo e miagoli felice e contento. Un po’ accaldato.

L’agente, in divisa azzurra, della “cosa” (mi vergogno a darle un nome perché mi fa veramente schifo per come mi hanno trattato neanche nei regimi del sudamerica ci si comporta così, ma ne parleremo un’altra volta), mi rimbrotta schifata dicendo di tenermelo vicino perché la gente potrebbe cadere. Ho contato fino a 10 mila, prima di prendermi un’altra denuncia per aver messo in dubbio l’onorabilità della “cosa”. E ho incassato. Mi sembra che tu Jake abbia alzato il dito medio della zampa sinistra, ma non sono sicuro. Ormai Jakino eri tu al centro, solo quelli con pochezza di spirito della “cosa”, ti schifavano. Anafettivi (si può dire?)!

Avrei passato la mia notte bianca tra l’anticamera dell’Ufficio Servizi Demografici del Comune in pace e tranquillo, respirando il coviddi di tutti gli altri, invece no: per un colpo di culo, chiamano il presidente di seggio della 14. Evvai. Salto almeno quelle due ore di fila, Jake col codazzo alzatissimo, in tiro, miagoli gioioso. Entro trionfalmente nell’Ufficio come il Rocky dopo aver fatto i gradini di corsa. Non sono inciampato, non ho sparso le schede in giro e giuro, era da fare, mi mancava solo da gridare “Adriana!!!”.

No, non ho sbagliato i conti. Sono giusti e perfetti, avevo dei votanti in più perché ero andato anche alla Ca’ d’Industria. Doveva vederli, signorina dietro lo sportello, gli ospiti come erano felici e contenti di poter esprimere il voto! Un pomeriggio diverso. Finalmente qualcosa di nuovo. Con le calcolatrici alla mano, rifacciamo i conteggi. Tutti i numeri sono nelle giuste caselle. Va bene ogni cosa. Tutto a posto.

All’alba delle due, dopo aver restituito tutta la cancelleria, prima che qualcuno mi accusi di aver preso un datario, eravamo finalmente liberi. Jake con un salto ti butti a panza a terra sul pavimento e dribbli in un lungo slalom i sacchi grigi contenenti migliaia di schede. Già ti vedevo fermarti e davanti a qualche busta rifarti le unghie. Sì, Jake, ti avrei dato il permesso. Tanto una scheda traforata non avrebbe destato scalpore in quella notte magica di cose deliranti che noi comuni mortali di giorno non riusciremmo a pensare nemmeno con la più fervida fantasia.

Grande Jake, che notte immensa e bella. Ogni tanto fa bene dar sfogo alla follia quando tutto questo mondo è folle. Ti amo mia grande superstar.


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