Ormai cadono anche quelle poche certezze rimaste, dal momento che la maggior parte di esse si erano già perse nel lontano giugno in una Livorno fresca, solare, che si apriva su un mare bello.
Erano pure venute a mancare a Boston nel settembre di quello stesso anno, ’97, quando la Garibaldi era ormeggiata nell’harbour.
Non solo.
Era già il 2000 in quel vorticoso intreccio di emozioni e pazzie, in una triangolazione di rotte e sentimenti consumati tra Camden, Oslo, Cristhchurch e Los Angeles.
Come allora, ora vedi di nuovo il futuro scivolare via.
In tutte quelle occasioni avevi pianto, sempre pianto. Per non parlare dello sprezzo del pericolo nel terribile testacoda lungo la Paoli, deserta alle quattro di notte, sfidando l’oscurità del cuore. Ti eri chiuso a riccio mentre pensavi alla stella di Antares e alla sua posizione centrale all’interno della costellazione dello Scorpione.
Era per te un caldo rifugio e una speranza di riscatto.
Purtroppo ancora oggi cadono le certezze, quelle poche…
Non ci posso fare niente. Nulla dipende da me e non trovo consolazione. Devo solamente aspettare, sperando che non succeda niente di terribile; solamente avere la forza di aspettare il responso di quel saccente, un po’ stronzetto, ma di certo preparato e professionale.
Devo resistere fino a Mercoledì quando sarò in Foro Bonaparte a Milano: In quel giorno mi lascerò condurre per mano. So che ora non posso prendere alcuna decisione. Il verdetto è terribile e segnato lì nero su bianco, inaspettato su carta riciclata.
Ho paura, si sono assolutamente preoccupato. Ma o così o niente… Non ho neanche potuto dire queste cose a nessuno e mi dispiace… Tutte le certezze in sospeso sono svanite.
Madre metropoli – Loredana Bertè
E li rivedo ancora Dietro gli occhi chiusi Quei visi bianchi amici Dagli sguardi illusiE li proietto ancora Sulle mie pareti Compagni miei perduti Nell’oscuritàCamminano coperti Come dei soldati Dietro i giubbotti neri Uomini abbozzatiE sull’asfalto I tacchi Suonano il tamburo Scandendo ormai quel tempo Che non torna piùMadre metropoli Noi siamo figli tuoi Madre dei miracoli Di noi che cosa ne faiMadre metropoli Non ci accarezzi mai Madre dei miracoli A me tu non mi avraiQualcuno poi nasconde L’ombra in un portone E’ come se legasse Il collo a un aquiloneEd io che mi risveglio Per non farmi male Accanto sento un uomo Ma non so chi èMadre metropoli Noi siamo figli tuoi Madre dei miracoli Di noi che cosa ne faiMadre metropoli Non ci accarezzi mai Madre dei miracoli A me tu non mi avrai
E li rivedo ancora
Dietro gli occhi chiusi
Quei visi bianchi amici
Dagli sguardi illusi
E li proietto ancora
Sulle mie pareti
Compagni miei perduti
Nell’oscurità
Camminano coperti
Come dei soldati
Dietro i giubbotti neri
Uomini abbozzati
E sull’asfalto I tacchi
Suonano il tamburo
Scandendo ormai quel tempo
Che non torna più
Madre metropoli
Noi siamo figli tuoi
Madre dei miracoli
Di noi che cosa ne fai
Madre metropoli
Non ci accarezzi mai
Madre dei miracoli
A me tu non mi avrai
Qualcuno poi nasconde
L’ombra in un portone
E’ come se legasse
Il collo a un aquilone
Ed io che mi risveglio
Per non farmi male
Accanto sento un uomo
Ma non so chi è
Madre metropoli
Noi siamo figli tuoi
Madre dei miracoli
Di noi che cosa ne fai
Madre metropoli
Non ci accarezzi mai
Madre dei miracoli
A me tu non mi avrai
Eppure io sono contento per la vittoria di Mahmood. Lo conoscevo per un’altra canzone solo apparentemente stupida. Ma è innegabile che abbia una grande vocalità e un grande talento. E non me ne frega che sia egiziano o italiano. È bravo. Punto e basta. Ma tutti a criticarlo. Quando ha vinto Mistero di Enrico Ruggeri…
Bene. Questa volta lo scrivo nel blog, magari lo leggerà qualcuno, forse direttamente la persona interessata.Oggi, il dirigente degli Affari Generali, Seregni, mi ha telefonato per dirmi che l’assessore Edgardo Arosio (quello della Cultura) vorrebbe un libro, naturalmente gratis.Sarebbe stato disposto a mandarmi una macchina della Provincia per venirlo a prendere.Gli ho risposto di no,…
Ma sì, e ora che non ci sei più, mi sento smarrito, incapace di riflettere e di pensare. Trattengo il respiro: ormai sei lontano, lontanissimo. Mi chiedo perché e non c’è risposta… Nonostante tutto non sono riuscito ad abbracciarti tutto, per intero. Due masse così ingombranti… Respiro ora perché sento il desiderio impellente di respirare…
Cara nonna, ti ho portato il dolce e i giornali per i ricami, come regalo. Ieri era il tuo compleanno: 94 anni portati egregiamente. Ti ho abbracciato. Hai afferrato subito le riviste e le hai sfogliate diligentemente. Ti piace leggere, perlomeno voltare le pagine e guardare le immagini. Potessi ricamare e creare tovagliette e altri…
A LG grazie per il tuo messaggio. Ti penserò a Madrid mentre festeggi l’ultimo. Non saremo molto lontano. Ti guarderò da Palma. A D ti farò vedere la stazione Elephant&Castle di Londra. A TA spero di riuscire ad affrontare questo nuovo viaggio in Chile. Ti prometto che ti porterò un quantitativo di Tavor da farti…
Non si discute: il libro di Carletto Genovese dedicato agli “Stemmi dei comuni comaschi” è una miniera di sorprese. Quella che in apparenza potrebbe sembrare materia arida e per pochi si trasforma pagina dopo pagina in storia viva e colorata, ricca di notizie e curiosità sulla nostra terra. Perché ogni stemma ha una sua intima…