Guardo la luna, cerco in un punto a Sud la costellazione dello Scorpione, ma a momenti non scorgo neanche mezza stella. È una di quelle notti calde, soffocanti, dove non si muove nulla: quelle quattro lucciole sono spiaggiate tra i fili d’erba ed evitano accuratamente di muoversi. Jk è in bambola, dormichia, annusa, ma non si avvicina. Oggi l’ho sgridato di brutto per la sua pisciata dietro il divano ma deve ancora capire il perché.

Non riesco a decifrare quei sentimenti che assurgono a minime percezioni ma ricadono poi nel limbo. Anche loro evidentemente soffrono del caldo e preferiscono rimanere confinate tra l’amigdala e qualche ganglio non meglio conosciuto.

Vorrei  un po’ di ristoro, basterebbe l’aria salmastra del mare, il refolo di vento che soffia sulla collina ma no, non riesco ad avere fresco. Tracanno l’acqua minerale ghiacciata dal frigo ma ho sete, sempre più sete. L’ira è lì nascosta, esce con una zampata e graffia, ruvida la pelle, come la zanna del lupo. Lancio strali immaginari, urlo ma rimango in silenzio. Prima che qualcuno chiami l’unounodue.

Mi giro dall’altra parte, verso l’oscurità, allontano il malessere. Quello che dovevo dire -le cose scabrose, mai confessate a voce, ma dimostrate da una vita intera- l’ho detto. Ieri, l’ho vomitato di getto in un piccolo scritto, ma pesantissimo. Scusami, caro M, ma non sapevo a chi dirle. Mica a Jk che per tutta risposta si gira dall’altra parte infastidito dal caldo. Oggi ho capito che è inutile ribellarsi, tanto avere paura del lupo è nella natura nostra. Bad wolf, che ormai più che bad è bald e pure fat. Tanto non riusciremo mai a possedere nulla di nostro, del nostro intimo. La dignità è tutta una farsa, tutto si dilegua, il passato pure e non rimane nulla.

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